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Quando, nei primi anni del 900, Claude Hopkins venne contattato da un vecchio amico per promuovere la pasta dentifricia Pepsodent, era convinto che sarebbe stato un suicidio economico.
C’era già un esercito di venditori porta a porta sull’orlo del fallimento che promuovevano polveri ed elisir per la cura dei denti. Il problema era che nessuno comprava dentifricio perchè, nonostante i problemi di igiene dentale dell’America, quasi nessuno lavava i denti.
In 5 anni, però, Hopkins trasformò Pepsodent in uno dei prodotti più conosciuti al mondo. Come fece? Creando una nuova abitudine.
Hopkins aveva intuito come si compone il “circolo dell’abitudine” e come servirsene per introdurre una nuova attività quotidiana nella vita degli americani.

Questo è solo uno dei tanti esempi che Duhigg usa per argomentare e farci comprendere i delicati meccanismi sociali e neurologici delle abitudini.

Apprendere come si formano e compongono le abitudini che, più o meno consapevolmente, condizionano la nostra vita ogni giorno, è uno degli argomenti che più mi ha affascinato di questo libro. Ho divorato le 400 pagine de “Il potere delle abitudini” in pochi giorni, rapita come se stessi leggendo un romanzo. In effetti tutte le fonti e gli esempi vengono riportati come fossero piccoli racconti, piuttosto che prove scientifiche, anche se di fatto lo sono. Ogni capitolo ti trascina al seguente come il finale di stagione della tua serie preferita.

“Quasi tutte le scelte che compiamo ogni giorno potrebbero sembrarci il risultato di scelte ponderate, ma non è così. Sono abitudini.

Duhigg ci aiuta a comprendere come una decisione diventa un comportamento automatico, come ci condiziona e come modificarlo, dividendo il testo in 3 parti principali.

La prima tratta di come le abitudini emergono nella vita di ognuno di noi ed esplora la neurologia della formazione dell’abitudine. La seconda parte prende in esame le abitudini di organizzazioni e aziende di successo. La terza, infine, analizza le abitudini della società. Ma ogni capitolo ruota attorno ad un macroargomento dominante: le abitudini si possono cambiare, se capiamo come funzionano.

Se comprendiamo i modelli che, ad un certo punto della nostra vita, ci hanno portato a fare determinate scelte, che poi sono diventate abitudini, possiamo riuscire a soppiantare quelle attività che compiamo in maniera automatica, con lo stile di vita a cui aspiriamo.

“Nulla è impossibile se viene acquisita l’abitudine giusta”

Il nostro cervello si affida alle abitudini per poter risparmiare energia. Una volta che l’abitudine si è attivata, infatti, il cervello è libero di pensare ad altro e smettere di occuparsi costantemente di comportamenti elementari. Ovviamente, questo processo di scelta inconscia è un’arma a doppio taglio, perchè non tutte le abitudini che abbiamo assunto nel corso della nostra vita sono positive e desiderabili.




Ma come modificare le cattive abitudini?

Le abitudini hanno un processo di funzionamento e di generazione circolare, detto “Habit Loop“: un segnale (di qualsiasi tipo) fa scattare una routine (fisica, emotiva o mentale) che porta ad una gratificazione (in base alla quale il nostro cervello decide se vale la pena o meno memorizzare la routine).

Detto brevemente, per modificare abitudini negative dobbiamo innanzitutto riconoscere il segnale che le attiva, il bisogno che le provoca ed andare ad intervenire sulla routine, a sostituire il comportamento che vogliamo modificare con uno che desideriamo e mantenere una gratificazione che ci dia lo stesso grado di appagamento.

“Trasformare un’abitudine non è necessariamente semplice o veloce, e non è sempre facile. Ma è possibile


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